Palazzo Forti. Alla ricerca del Progetto perduto

Senza spazi, le mostre non si fanno. Da centro espositivo nazionale con la GAM di Giorgio Cortenova a magazzino del Museo di Storia naturale. Uno scandalo che dura da anni. È ora di restituire il palazzo alla città. Un progetto di rilancio ed il ruolo di ArtiVer per rinegoziare la concessione d’uso con Cariverona. La storia degli ultimi venti anni di Palazzo Forti: restaurato, celebrato, venduto, abbandonato. I tentativi abortiti di collaborazione artistico-culturale tra Cariverona e Comune. La vendita di Palazzo del Capitanio. Le peregrinazioni della GAM

di Alberto Battaggia

Palazzo Forti occupa parte dell’isolato di origine romana delimitato
da via Forti, via Massalongo, corso Sant’Anastasia e vicolo Due Mori.

C’era una volta la prestigiosa Galleria d’Arte Moderna… “Una volta” solo per dire: “prestigiosa” lo è ancora, la nostra GAM, visto che nella sede di Palazzo della Ragione, dove sta ora, possiede 1600 opere. delle quali almeno 400 ascrivibili alla categoria dell’ “arte contemporanea”, Tuttavia, “quella” GAM, a Palazzo Forti, si è conclusa quindici anni fa, nel 2008, col commiato dell’ultimo direttore Giorgio Cortenova, che, dal 1986, quando l’aveva presa in mano, l’aveva lanciata a suon di esposizioni nella rete dei riferimenti nazionali. Due anni dopo, l’immobile veniva improvvisamente venduto dal Comune a Fondazione Cariverona in cambio della quota maggioritaria del Polo fieristico spa e la GAM, poco dopo, trasferita a Palazzo della Ragione.

La mancanza di spazi espositivi. La discutibile gestione della Gran Guardia

L’inagibilità di Palazzo Forti è un problema tanto più grave a causa della cronica mancanza di spazi espositivi a disposizione del Comune.
L’ unico immobile di prestigio dotato di sale relativamente adeguate è la Gran Guardia, soffocata da mille richieste dei più disparati soggetti. L’immobile sammicheliano, da alcuni anni, opera un po’ da Centro congressi di un certo livello; molto da sala civica per associazioni varie a tariffa agevolata o per altri privati; raramente come spazio espositivo (le ultime due mostre sono state Caroto, l’anno scorso e Doisneau, oggi).

La gestione risulta negativa per il bilancio comunale, che si sobbarca ogni anno centinaia di migliaia di euro di costi; grave per l’identità funzionale del palazzo, che pure essendo un biglietto da visita della città non è percepito né come carne né come pesce; faticosa per le difficoltà di programmazione – visto l’ingovernabile calendario delle prenotazioni – e lacunosa per le carenze infrastrutturali dell’immobile rispetto alle mostre.

Il palazzo della Gran Guardia

Tolta la Gran Guardia, che rimane? La Sala Boggian di Castelvecchio è parte integrante del Museo di Castelvecchio e non può certo compensare le deficienze richiamate. Sala Birolli ai Filippini? Uno spazio dignitoso, di dimensioni limitate, gestito dalla Prima Circoscrizione, e di certo non adatto a mostre di un certo livello. Un immobile di proprietà comunale che potrebbe parzialmente prestarsi a spazio espositivo è il secondo Silo di Santa Marta, il cui restauro, a fine primavera, è prossimo. Il bene è destinato all’Università, ma un paio di stanze al terzo piano potrebbero essere cogestite dalle due istituzioni. Poi c’è l’Arsenale, dove gli spazi non mancano di certo, ma la Palazzina comando, in corso di restauro, è già stata assegnata al Museo di Castelvecchio, mentre mancano diverse decine di milioni di euro per completare quello degli altri padiglioni.

In queste condizioni, come pensare ad un ruolo davvero incisivo della parte pubblica in campo espositivo? Ne ha sofferto particolarmente il comparto dell’arte contemporanea, che, tuttavia, il dinamismo dei privati – gallerie e collezionisti – ha in qualche modo tenuto vivo, anche grazie alle collaborazioni con la GAM. Tanto che la fiera ArtVerona è evoluta negli anni fino ad assumere un rilievo nazionale; e che perfino l’Università di Verona, grazie alla disponibilità di Giorgio Fasol, ospita a Santa Marta e a Ca’ Vignal, tra aule, libri e computer un centinaio di opere.

Un nuovo accordo per Palazzo Forti. Il ruolo di ArtiVer

Dato il contesto, il rilancio di Palazzo Forti quale centro museale ed espositivo del Comune di Verona diventa un’esigenza essenziale. Oggi l’immobile – scandalosamente chiuso da un sacco di tempo – è nella disponibilità del Comune di Verona per altri sette anni, fino al 2030, grazie all’accordo che si stipulò con Cariverona quando esso fu venduto (vedi, sotto, la storia recente dell’immobile). Gli attuali dirigenti della Fondazione sembrano interessati a confrontarsi con l’amministrazione per valutare delle proposte, che ora, diversamente dal passato, ci sono. Nell’immediato, si tratterebbe di elaborare un progetto pluriennale di gestione culturale del palazzo; nel medio periodo, di fare evolvere la nuova intesa in una Fondazione di partecipazione.

Un ruolo decisivo potrebbe averlo la costituenda Rete ArtiVer , che accorderà sinergicamente le risorse professionali e materiali di tre soggetti: l’associazione Artena, costituita da dieci collezionisti veneti e lombardi; l’associazione Contemporanea Verona, che riunisce otto galleristi contemporaneisti veronesi e la Galleria di Arte Moderna.

Tenement Rising,
2016, di Tracey Snelling a La città
L’inaugurazione della mostra “Piero Dorazio. La nuova pittura. Opere 1963-1968” a cura di Gam_Galleria Dello Scudo, dicembre-aprile 2023

Coordinato dal Comune, il network si candida a pianificare un’attività espositiva sistematica a favore della città e dei suoi visitatori. L’importanza dell’ apporto privato, accanto a quello pubblico, non sta solo o tanto nella disponibilità di opere d’arte – centinaia e centinaia, quelle dei collezionisti o nella disponibilità dei galleristi – ma specialmente nelle professionalità e nelle relazioni nazionali ed internazionali che ruotano attorno agli uni e agli altri. Una massa critica di risorse materiali ed intellettuali che autorizza a guardare al futuro della cultura e dell’arte contemporanee a Verona con ottimismo.

In particolare, ArtiVer potrebbe gestire le attività della nuova stagione di Palazzo Forti. Alcune delle magnifiche sale potrebbero accogliere parte delle collezioni di proprietà della Fondazione Cariverona e della stessa GAM; ed altre essere destinate a due o tre esposizioni all’anno di grande livello. Un nuovo accordo poliennale tra il Comune e la proprietà sarebbe vantaggioso per entrambe le parti: l’amministrazione tornerebbe protagonista in campo espositivo e la Fondazione valorizzerebbe un suo immobile a favore della comunità, rispettandone la destinazione culturale. La definizione del rinnovo della concessione passa attraverso un minimo di investimenti necessari nell’impiantistica, in particolare nella climatizzazione.

Alcune delle stanze di Palazzo Forti

La Gam di Giorgio Cortenova 1986-2008

Nel 1981, il comasco Giorgio Cortenova, pseudonimo di Giorgio Rossi, già docente di storia dell’arte moderna e contemporanea all’Accademia di belle arti di Bologna, vene assunto come consulente alla Galleria di Arte Moderna di Verona.

Giorgio Cortenova

Nel 1986, vinto il concorso, ne diventa il direttore. Una svolta decisiva, Sotto la sua direzione, che si avvale e di un gruppo di studiosi quali  Alessandro Mozzambani, Ester Piras, Umberto Tessari e, nel 1987, della collaborazione delle giovani storiche dell’arte Patrizia Nuzzo e Jennifer Karch Verzè, il Comune completa gli impegnativi restauri di Libero Cecchini a Palazzo Forti e Verona diventa in pochi anni un punto di riferimento nazionale per le esposizioni di arte contemporanea.
Per la città, accovacciata sulle sue tradizioni, si tratta di una benefica sferzata di rinnovamento culturale. Il tema di fondo del nuovo direttore è la Modernità novecentesca. che viene scandagliata con una serie di mostre in diversi casi strepitose – alla fine saranno 150 – capaci di conciliare qualità delle opere e pubblico, spesso in fila fino a Piazza delle Erbe in attesa di godersi le rassegne di
Paul Klee, 135 mila visitatori; e , Wassily Kandisky, 185 mila. Numeri che nessuna mostra successiva ha mai registrato a Verona.

LE GRANDI MOSTRE DI CORTENOVA
Una selezione delle 150 mostre promosse da Giorgio Cortenova a Palazzo Forti
1983. Enrico Baj
1985. Leoncillo. La metafora della
materia

1986. Renato Guttuso.50 anni di pittura 1987. Tancredi.92 opere inedite 1950-55
1988. Astratta. Secessioni astratte in
Italia dal dopoguerra al 1990

1988. Poesia Visiva 1963-1988
1988. Le scuole romane: sviluppi e continuità 1927-1988
1989. Da Van Gogh a Schiele: l’Europa
espressionista 1880-1918

1990. Renato Birolli

1990. Picasso in Italia
1991. Da Magritte a Magritte

1992. Da Cézanne all’arte astratta. Omaggio a Lionello Venturi
1992. Paul Klee
1993. Vassilij Kandinskij
1994. Henry de Toulouse Lautrec

1995. Dalì, Mirò Picasso e il Surrealismo Spagnolo,
1996. La nascita della modernità: da Boecklin a de Chirico, da Klee a
Kandinskij 1896-1914

1997. Dadaismo Dadaismi. Da Duchamp a Warhol
1999, Lucio Fontana:metafore barocche (2002-2003)
2000. Avanguardia e tradizioni

2001. Kazimir Malevic e le
sacre icone russe

2002. Edvard Munch: Io e gli Altri
2003. La creazione ansiosa. Da Picasso a Bacon
2007. L’arte e Dio. La scommessa di
Carlo Cattelani

1996
1999
1997
2003

Grande merito di Cortenova fu anche l’attenzione alla funzione didattica che un moderno centro espositivo deve avere. Cortenova desiderava che Verona fosse a conoscenza di quanto accadeva nel contesto internazionale: secondo la sua visione, l’organizzazione di apposite mostre, accompagnate da apparati didattici e contenuti multimediali, avrebbe permesso ai fruitori di rimanere aggiornati sulle più recenti tendenze dell’arte. In questo filone, si inseriva l’organizzazione delle grandi “mostre storiche” incentrate sui maggiori movimenti del panorama artistico nazionale ed internazionale del ‘900.

Storia del museo Palazzo Forti

1938. Il lascito. Palazzo Forti museo d’arte e risorgimentale

Raffinato cultore ed esperto di arte, in particolare pittura e scultura, Achille Forti, nel 1854, acquistò il palazzo per farne la sua residenza. Dopo la sua morte, avvenuta l’11 febbraio 1937, il testamento olografo venne letto e pubblicato il 13 febbraio dello stesso anno alla presenza del notaio Lucindo Scolari. Il Comune di Verona fu indicato come erede universale dei suoi beni mentre il palazzo risultò destinato a museo di arte moderna.

Il Comune si diede subito da fare e trascorsi alcuni mesi, sotto la direzione del direttore dei Musei civici Antonio Avena, fu preparato “un progetto di massima”, coordinato dall’Ufficio Tecnico Municipale, che portò alla organizzazione nel palazzo della Galleria d’Arte Moderna, al primo piano; e del Museo del Risorgimento, a pian terreno. Alle collezioni di Achille Forti si aggiunsero i dipinti provenienti dalla Gran Guardia, da Palazzo Pompei e dai depositi di diverse istituzioni.

Nel dicembre 1938, fu così inaugurata nel Palazzo Emilei Forti – non senza imbarazzi, viste le nuove leggi razziali mussoliniane –   la Galleria d’arte moderna, già provvista di numerose opere da lui donate.

ISRAELE ACHILLE ITALO FORTI


Giacomo Fiamminghi, Ritratto di Israele Forti, 1854 

Nato a Verona da Arrigo e Giulietta Forti nel 1878, dopo gli studi classici, Achille Forti si iscrisse all’Università di Padova dove nel 1900 si laureò in Scienze Naturali, diventando uno specialista di fama europea. Fu membro di prestigiosi istituti come l’Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti di Venezia, l’Accademia delle Scienze di Torino, la Società Geografica e Botanica Italiana e di Berlino.
Nel 1937 morì lasciando quale erede universale del suo patrimonio il Comune di Verona, perché ne disponesse in opere sociali, culturali e umanitarie. Dalle rendite immobiliari del suo lascito, il Comune di Verona ricava tuttora 700 mila euro all’anno, destinati a persone in condizioni economiche disagiate,
MINISTORIA DEI MUSEI CIVICI VERONESI
1827. La Pinacoteca Comunale
La prima galleria comunale fu inaugurata ufficialmente nel 1827, nelle sale della Loggia del Consiglio in Piazza dei Signori. Vi furono esposti i quadri di proprietà comunale, quelli del demanio e le opere, già di proprietà religiosa, che erano state restituite dai Francesi.
1833. Palazzo Pompei
La seconda tappa fu inaugurata dal legato di Alessandro e, successivamente, di Giulio Pompei, che lasciarono al Comune l’abitazione e le loro collezioni. Tutte le collezioni di proprietà del Comune di Verona vennero collocate al sammicheliano Palazzo Pompei, edificio rinascimentale del XVI secolo, che dal 1857 al 1926 divenne il nuovo Museo civico cittadino.
1920. Antonio Avena. Un primo sistema museale
Nel 1920 divenne Direttore civico Antonio Avena, L’apertura del Museo Archeologico al Teatro romano nel 1923 e la ristrutturazione di Castelvecchio gli permisero di articolare un primo vero sistema dei musei cittadini. Nel primo vennero collocate le raccolte d’arte etrusca, romana, quelle dei Lessini e quelle Galliche; nell’ex Convento quattrocentesco di San Gerolamo, vennero esposti mosaici, sculture, oggetti in vetro e utensili, iscrizioni sacre e sepolcrali; e a Castelvecchio le opere d’arte medievale e moderne e, in un primo momento, il Museo del Risorgimento, poi trasferito a Palazzo Forti. A Palazzo Pompei, nel 1926, venne istituito il Museo di Scienze Naturali ove furono concentrate le collezioni naturalistiche.

1938-1957. Verso e dopo la guerra

Ma i tempi si facevano tragici. Dopo alcune esposizioni organizzate dalla Società di Belle Arti, il museo chiuse: prima per le leggi razziali, che mal si conciliavano con la popolarità di un lascito tanto prestigioso ma proveniente da un ebreo; e poi per lo scoppio della guerra. Terminato il conflitto la Galleria rimase chiusa e alcuni uffici comunali furono trasferiti a Palazzo Forti, a causa dei danneggiamenti sofferti da Palazzo Barbieri.

La Galleria d’Arte Moderna venne riaperta temporaneamente nel 1953, ed assieme ad essa il Museo del Risorgimento, in occasione delle celebrazioni del centenario della morte del martire Carlo Montanari, Nel 1957, tuttavia, il museo venne di nuovo chiuso “per ragioni di sicurezza” e “per scarsità di personale”,

1966. La riapertura con Licisco Magagnato

Trascorsi alcuni anni, anche grazie alle pressioni dell’opinione pubblica – si era formato un Comitato promotore – le autorità cittadine intervennero per ripristinare Palazzo Forti all’uso civico e celebrare il Centenario dell’Unità d’Italia riaprendo il Museo del Risorgimento. Gli architetti incaricati furono Luigi Calcagni e Luciano Cenna, ma una serie di complicazioni ritardarono l’apertura fino al 1966, anniversario dell’annessione del Veneto al Regno d’Italia.

La riapertura fu tuttavia intermittente, negli anni successivi. Le mostre di arte contemporanea furono spesso tenute al palazzo della Gran Guardia e solamente poco più di una decina furono ospitate a palazzo Emilei-Forti, poiché questa era ritenuta una sede inadeguata..

1983-2003. Il restauro dell’arch. Libero Cecchini. Più di sei milioni di euro investimenti

Dal 1983 al 2003, sotto la direzione iniziale di Licisco Magagnato e successivamente di Giorgio Cortenova, Palazzo Forti fu restaurato, per stralci, sulla base di un progetto dell’architetto Libero Cecchini: restauro e ristrutturazione dei lotti A e B con progetto e realizzazione dell’ascensore (1983-1989); restauro e ristrutturazione della sede del museo primo stralcio (1989-1993); ristrutturazione dell’ala di Ezzelino secondo stralcio (1995-1997); progetto di completamento (1998-2003).
Gli investimenti furono notevoli: convertiti in euro, per i lavori eseguiti dal 1998 al 2001 ammontarono a
4.300.000; per quelli dal 1988 al 1999 1.880.000 In tutto furono 6.180.000 euro sostenuti interamente dall’ Amministrazione Comunale.
Palazzo Forti poté così disporre di notevoli spazi espositivi: 13 sale al piano terra; 18 al piano nobile; 6 al terzo piano. Al piano terreno fu resa accessibile anche un’area archeologica consistente nelle tracce di una strada romana.


2009. La vendita a Fondazione Cariverona: Arte vs Fiera

Sorprendentemente, dopo venti anni di un restauro che aveva comportato un notevolissimo impegno di spesa da parte del Comune, la giunta di Flavio Tosi, con Deliberazione del Consiglio n. 111 del 17/12/2009, decise la vendita del Palazzo a Fondazione Cariverona.

La perizia fu affidata ad un’architetto in servizio presso lo  Staff Tecnico del Comune di Verona. Al prezzo finale, 33 milioni di euro, si giunse in questo modo. In un primo momento, facendo riferimento ai valori immobiliari di mercato del tempo, furono imputati 45 milioni di euro per il complesso di Palazzo Forti e 20 milioni per le unità immobiliari, per un totale di 65 milioni. Poi, in considerazione del vincolo perpetuo di destinazione d’uso riguardante il palazzo, che ne inficiava la “ordinaria commerciabilità”, e la concessione dello stesso a titolo gratuito per 20 anni al Comune di Verona al fine di ospitare la Galleria d’Arte Moderna, il valore del palazzo fu abbattuto a 13.050.000 euro. Per la precisione, il 50 per cento in meno a causa del vincolo, ossia 22. 500.000 euro; e il 21 per cento per la concessione, pari a 9.450.000 euro.**

Con atto pubblico di permuta del 29/07/2010, il Comune di Verona trasferiva la proprietà del compendio immobiliare di Palazzo Forti a Fondazione Cariverona la quale cedeva, a corrispettivo, la proprietà dell’85 per cento del capitale sociale della società Polo Fieristico Veronese S.p.A. che era ed è una società immobiliare volta a valorizzare le aree adiacenti alla Fiera in funzione di essa, La Polo Fieristico può essere considerata l’evoluzione della Polo Finanziario Spa, sorta nel 2005, quando sembrava che il Banco Popolare, Cattolica assicurazioni e Cariverona avrebbero creato la cittadella finanziaria davanti alla Fiera.

2010. L’affaire Polo fieristico Spa

Infatti, in realtà, l’accordo fu a tre. Accanto a Paolo Biasi per Cariverona e Flavio Tosi per il Comune, il presidente di Verona Fiere spa Ettore Riello firmò l’acquisto del restante 15 per cento, per un valore di 6 milioni. La “Polo” era proprietaria dell’area dell’ ex Mercato ortofrutticolo, destinato allo sviluppo della Fiera.

Da sx, Paolo Biasi, Flavio Tosi
e il notaio Maurizio Marino alla firma

Nel frattempo, Comune e Veronafiere si impegnavano a realizzare un parcheggio a raso di 2 mila 100 posti auto, a servizio delle manifestazioni fieristiche, da completare entro l’anno. Il parcheggio, tuttavia, non doveva rimanere tale: ” è chiaro che quest’area strategica – spiegò Tosi – non resterà un parcheggio a raso per lungo tempo, visto che Comune e Veronafiere predisporranno insieme un progetto per garantire alla Fiera la possibilità di crescere e svilupparsi in una posizione vicina alla città”. Gli fece eco l’assessore all’urbanistica Vito Giacino: “L’impegno dell’Amministrazione comunale quindi è di destinare tutte le risorse finanziarie che il piano degli interventi di Verona sud genererà, circa 40 milioni di euro, a favore del nuovo polo fieristico”.

In due parole: meglio il business fieristico che quattro dipinti. Posizione legittima ma assai discutibile: specialmente quando scatta l’eterogenesi dei fini, dato che sull’ area di 26.021 metri quadri, posta di fronte alla Fiera, non è nata alcuna nuova struttura fieristica ma il supermercato Esselunga Spa! Per le cronache, La “Polo fieristico spa”, più volte sul punto di essere soppressa negli anni successivi, c’è ancora.

2012. La vendita di Palazzo del Capitanio. Gli impegni disattesi: né restauro, né arte

Sull’onda dell’entusiasmo per nuove spericolate compravendite immobiliari, gli scenari dell’arte veronese venivano nuovamente stravolti.
Il 25 settembre del 2012, infatti, prese il volo verso via Garibaldi anche Palazzo del Capitanio: nientepopodimeno che la reggia degli Scaligeri e poi del “Capitano” veneziano. Un palazzo, nel cuore della città, enorme e magnifico. Il prezzo pattuito fu di 18 milioni di euro, questa volta interamente versati a favore del Comune con bonifico bancario. Soldi freschi per le casse comunali. Le parti dichiararono “di non essersi avvalse, ai fini della conclusione del presente contratto di vendita, di alcuna mediazione immobiliare”.

Palazzo del Capitanio, in Piazza dei Signori

L’operazione contemplava impegni potenzialmente grandiosi, per le sorti dell’arte e della cultura veronesi. Nell’articolo 3 del contratto di vendita si leggeva: “Fondazione ha espresso la propria disponibilità ad acquistare il ‘Palazzo del Capitanio’ ed a farsi carico del restauro e di mettere in atto tutti gli interventi necessari a restituire all’immobile una fruizione pubblica secondo le finalità di creazione di un nuovo Polo Espositivo delle collezioni d’Arte Moderna del Comune, di Fondazione Cariverona e di Fondazione Domus”.

“Fondazione ha espresso la propria disponibilità ad acquistare il ‘Palazzo del Capitanio’ ed a farsi carico del restauro”.

Il Consiglio comunale, d’altra parte, con provvedimento n. 31 del 26 maggio del 2011, aveva condizionato la vendita al “formale impegno contrattuale da parte del soggetto acquirente – fatte salve le destinazioni previste (residenziale, commerciale, direzionale, ricettivo qualora possibile, museale) – ad utilizzare il compendio con destinazione museale per una durata di anni 15 a decorrere dalla data di rilascio del certificato di agibilità relativo all’intero complesso”. Fondazione si impegnava anche a concedere gratuitamente al Comune, per 15 anni, il Centro Internazionale di Fotografia.

Il Comune: “formale impegno del soggetto acquirente ad utilizzare il compendio con destinazione museale per una durata di anni 15”

Alcune delle stanze di Palazzo del Capitanio

Un complesso storico-artistico formidabile

Si delineava così un complesso storico-artistico formidabile, costituito, attraverso la GAM, da Palazzo della Ragione e da Palazzo del Capitanio. Nell’ ambito dell’ accordo per la vendita di Palazzo del Capitanio, si era stabilito la “possibilità di futura estensione a Palazzo del Capitanio, per la creazione di un nuovo polo espositivo, delle collezioni d’arte moderna del Comune di Verona, di Fondazione Cariverona nonché di Fondazione Domus, secondo un progetto culturale condiviso”. In sostanza, la GAM avrebbe occupato anche alcune sale dell’immobile. Nell’atto di compravendita tra Comune e Fondazione Cariverona, tuttavia, non si faceva cenno della GAM. Si trattava, in sostanza, di una mera ipotesi.

E infatti non se ne fece nulla. Palazzo del Capitanio, tutt’oggi, è uno splendido immobile, inutilizzato, restaurato al grezzo.

2014-2023 La nuova Gam a Palazzo della Ragione

Nonostante le apparenze, Il trasloco, per la GAM, non fu certo un affarone. Non abbastanza estesi gli spazi di un immobile a suo tempo magnificamente ristrutturato da Afra e Tobia Scarpa per ospitare collezioni temporanee e non permanenti: quelle di proprietà della Galleria e, per un certo periodo, anche quelle di proprietà di Cariverona. Il Comune, infatti, stanziò ben 700 mila euro con delibera di Giunta n. 590 del 27/12/2012 per gli interventi museografici più urgenti: nuovi pannelli espositivi, nuovo allestimento e revisione sistema illuminazione, impianti, sistema ant-intrusione, spazi da destinare a uffici, aule didattiche, realizzazione di deposito opere, nuovo archivio…

Un’operazione che la GAM ha scontato in termini di identità e funzionalità. Senza la prevista estensione a Palazzo del Capitanio, la nuova sede di Palazzo della Ragione si rivelò ben presto insufficiente. Lo spazio a disposizione era limitato a quattro sale al piano nobile e ad una nel braccio corto del palazzo denominato mezzanino. Una situazione imparagonabile con i 6.547 metri quadrati di superficie disponibili a Palazzo Forti. In questo modo, solo il 9 per cento della collezioni civica – 1600 opere – è diventata esponibile, mentre si è persa la possibilità di di sviluppare la tradizionale ed identitaria attività espositiva e didattica.
Patrizia Nuzzo, la curatrice delle collezioni, in questi anni, ha dovuto così dannarsi per ospitare autori anche prestigiosissimi – l’ultimo è stato Giulio Paolini, poche settimane fa – in una sola sala del piano nobile. Altri pesanti limiti derivati da questa situazione riguardano i depositi: in Palazzo della Ragione la Gam ne possiede uno solo, di 291 metri quadri, che accoglie solo un terzo delle opere possedute.

A SUON DI DELIBERE
2010. Vendita di Palazzo Forti
Con atto pubblico di permuta del 29/07/2010, il Comune di Verona trasferisce la proprietà del compendio immobiliare di Palazzo Forti a Fondazione Cariverona , contro il corrispettivo della proprietà dell’85 per cento del capitale sociale della società Polo Fieristico Veronese S.p.A
2012 La Gam a Palazzo della Ragione
Con Deliberazione della Giunta Comunale N. Progr. 99 del 21/03/2012 si delibera l’approvazione
del trasferimento della Galleria d’Arte Moderna presso il complesso monumentale di Palazzo
della Ragione.
2012. Vendita di Palazzo del Capitanio

Delibera del Consiglio Comunale n. 32 del 21/03/2012 e con ulteriore delibera di Consiglio n. 60 del 11/07/2012, viene successivamente ceduto Palazzo del Capitanio alla Fondazione
Cariverona, di proprietà comunale;
Giulio Paolini nella sala della Gam in occasione della mostra “Giulio Paolini, Et in Arcadia ego” ottobre 2023 – maggio 2024

Queste sono perciò collocate in diverse sedi (Palazzo Forti, Palazzo Pirelli, Museo degli Affreschi G.B. Cavalcaselle alla Tomba di Giulietta…) alcune delle quali non possiedono le condizioni per una corretta conservazione dei beni dettate dal Codice dei Beni Culturali e dalle disposizioni ministeriali.

A gestire le collezioni della GAM, di Fondazione Cariverona e della Fondazione Domus, di proprietà di Cariverona, fu chiamato, sempre nel 2012, un guru del management culturale come Luca Massimo Barbero, che vi lavorò fino al 2015. In seguito, la Responsabilità della Direzione artistica venne affidata a Patrizia Nuzzo, che dal 1987, con una pausa di 4 anni per altri incarici extramoenia, si era sempre occupata della GAM. 

Una sala della Gam
Scala della Ragione
Opere esposte alla Gam

Non è chiaro cosa successe dopo: nel 2017, col nuovo presidente Alessandro Mazzucco: unilateralmente, Fondazione Cariverona ritirò le proprie opere esposte presso la GAM a Palazzo della Ragione, senza dare ulteriore corso al progetto di valorizzazione comune delle collezioni di cui sopra. E gli accordi del predecessore?

2012 – 2018. Il fallimento di Arena Museo Opera a Palazzo Forti

Ma ritorniamo dove eravamo, nel 2012. Che fare col nuovo Palazzo Forti? Magari un po’ di reddito, Nel maggio del 2012 una Convenzione tra Comune di Verona e Fondazione Arena di Verona stabiliva che nella porzione di palazzo occupata precedentemente dalla GAM si sarebbe insediato il nuovo Museo della Lirica Arena Museo Opera. Il Comune subconcesse così a Fondazione Arena l’utilizzo del Palazzo. La convenzione prevedeva l’occupazione degli spazi per la durata di 18 anni per un canone annuale quantificato dal Comune in Euro 482.160. Veniva stabilito nello stesso accordo che, in attesa della realizzazione dei caveaux idonei a conservare il patrimonio dei beni artisti pubblici della GAM presso Palazzo della Ragione, i depositi della stessa potevano rimanere nello stabile di Palazzo
Forti. L’operazione AMO si rivelò un fiasco colossale. In più costringeva Fondazione Arena a pagare 480 mila euro di affitto al Comune. Già dopo due anni si cominciò a parlare di chiudere un’iniziativa fallimentare e costosa. Nel 2018, AMO chiudeva e le collezioni operistiche venivano tristemente trasferite alla Gran Guardia.

2016. Da Paolo Biasi ad Alessandro Mazzucco

Nel febbraio del 2016, Paolo Biasi cedette il timone di Fondazione Cariverona ad Alessandro Mazzucco, già Rettore dell’Università di Verona. Fu una svolta da tanti punti di vista, per la Fondazione. Il nuovo presidente si trovò a fronteggiare una drammatica crisi patrimoniale, che aveva portato al depauperamento di alcuni miliardi dal bilancio dell’istituto. In più si trovava sul groppone due immobili – Castel San Pietro e Palazzo del Capitanio – tanto imponenti e pregiati quanto costosi e bisognosi di interventi di restauro per decine e decine di milioni di euro. Altro che convenzioni col Comune… Poi c’era Palazzo Forti, che non era toccato da alcun tipo di progettualità – comunale o interna alla Fondazione -ma quantomeno si presentava in condizioni accettabili, pur necessitando di diversi interventi, specialmente per la climatizzazione. Il canto del cigno del Palazzo come centro espositivo e di AMO come museo fu la mostra del 2017 dedicata a Botero, con il patrocinio del Comune di Verona, organizzata e co-prodotta da Gruppo Arthemisia e MondoMostre Skira, con il contributo di Gruppo AGSM. 

Un nuovo accordo virtuoso tra Comune e Fondazione Cariverona

Questa l’eredità di 15 anni raccolta dalla nuova amministrazione. Prestigiosi immobili comunali venduti per fare cassa ed acquistati per obiettivi poco chiari; progetti tanto ambiziosi quanto velleitari; risorse finanziarie dissipate… L’impressione è che per anni si sia giocato un risiko tra finanza e politica molto confuso e molto poco produttivo per le prospettive politico-culturali della città.

Un nuovo accordo per Palazzo Forti tra due istituzioni da sempre fondamentali per la vita della città avrebbe anche un importante significato simbolico e politico. Da una parte, verrebbe restituito alla città un immobile di grande pregio ricostituendo pienamente le volontà di chi lo donò alla comunità veronese vincolandolo alla destinazione artistico-culturale. Dall’altra, si ristabilirebbe tra Comune di Verona e Fondazione Cariverona, in questo campo, un rapporto nuovamente virtuoso e costruttivo dopo anni – quelli, rispettivamente, di Flavio Tosi e di Paolo Biasi – segnati da un turbinio confuso di acquisti e di vendite immobiliari, solenni accordi disattesi, fallimenti progettuali e soldi – tanti soldi – malamente investiti e non più ritornati…


*La Società ha per oggetto la gestione, lo sviluppo, la valorizzazione, l’edificazione e la manutenzione di aree ed immobili facenti parte del patrimonio sociale, nonchè la compravendita di crediti edilizi siti nel comune di verona, inseriti nel comparto a2 compreso nel programma di riqualificazione urbano e sviluppo sostenibile del territorio, da destinare ad iniziative di pubblico interesse ed utilità, nonchè la prestazione di servizi connessi e strumentali. (https://polofieristicovr.it/azienda/)
** Perizia consegnata al Tribunale di Verona il 26 aprile 2010